“E’ necessario intervenire. La Cina starebbe danneggiando l’industria europea degli imballaggi, ma le piccole aziende restano isolate impossibilitate al denunciare il dumping”. Questo commento dell’Onorevole Lucia Vuolo, europarlamentare FI/PPE, arrivato all’indomani della risposta della Commissione europea alla sua interrogazione parlamentare.
Lo scorso 6 dicembre 2022 l’Onorevole Lucia Vuolo aveva scritto alla Commissione europea riportando le criticità riscontrate dai comparti produttivi italiani degli imballaggi in acciaio per le conserve alimentari. L’origine sarebbe il crescente aumento delle vendite sul mercato unionale dei prodotti finiti provenienti dalla Cina. Coperchi fissi e a strappo, tappi corona e capsule, che, tra l’altro, beneficiano in Cina di aiuti di Stato finalizzati all’esportazione. Un dato che “droga” il prezzo finale di vendita che diventa così sensibilmente più basso. A tutto questo, l’attuale normativa europea impone che “un’inchiesta può essere avviata dalla CE se sostenuta dai produttori dell’Unione che rappresentano almeno il 25% della produzione totale del prodotto dell’industria europea”[1].
Qualche dato. Il differenziale di prezzo tra l’attuale costo in zona EU e l’attuale prezzo di vendita del prodotto finito di fabbricazione cinese è stimabile intorno al 20%. Si ricorda che il prodotto cinese non paga dazio doganale e gode invece del 13% di aiuto sull’export da parte del governo cinese. La stima è che l’impatto di “prodotti fini” sia pari al 10% del totale, 2 miliardi di pezzi pari a 30 mila tonnellate di materia prima.
“La verità è che siamo in una situazione che va affrontata e che, nel medio periodo, porterà a severe conseguenze per i produttori italiani ed europei. In punta di diritto – spiega la Vuolo che continua spiegando come “il Vicepresidente esecutivo Valdis Dombrosvkis ha detto il vero, ma sul piano pratico la situazione è così ingestibile”.
“La norma europea è pensata per le grandi imprese, ma taglia fuori le PMI europee che hanno ovviamente mille impedimenti nel riuscire a raggiungere il 25% del mercato europeo utile a presentare una denuncia formale alla Commissione europea. Il problema c’è ed il regolamento va rivisto, concedendo una maggiore elasticità nell’imposizione di dazi e concedendo anche agli Stati Membri di poter interloquire con la CE in rappresentanza delle proprie industrie. Una scelta di buonsenso che neutralizzerebbe le ingerenze straniere, leggasi cinesi, sui comparti italiano ed europeo” ha quindi concluso l’europarlamentare campana.
[1] Art. 5, comma 4 del regolamento europeo 2016/1036 relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’UE